Arosa (Svizzera), dicembre 1996 - Entra a grandi passi nell'affollata sala del convegno. È alto, dinoccolatoci capelli bianchi tagliati a scodella che incorniciano un volto giovanile e arguto. Indossa una cravatta curiosa con disegnate le facce di Stanlio e Ollio. Si sofferma per qualche secondo a guardare il suo pubblico, medici, studiosi attenti e severi, poi all'improvviso scoppia in una risata fragorosa, da far tremare le pareti. Ride piegandosi in due, con le lacrime agli occhi. Dopo un iniziale sbalordimento gli spettatori non resistono. Cominciano a ridere anche loro, in un crescendo fracassone. Ride anche la vostra cronista, ride il collega Silvano Bergamaschi mentre la macchina fotografica gli traballa pericolosamente fra le mani. Ridiamo tutti come non abbiamo mai riso in vita nostra e certo questo freddo paese dei Grigioni, nella Svizzera tedesca che più tedesca non si può, non ha mai visto una simile esplosione di allegria da quando venne edificata la sua prima casupola.
Il nostro maestro, l'americano Paul McGhee, massima autorità mondiale della risala e del buonumore come terapia per tanti mali, ci guarda con affettuosa partecipazione. «Questo McGhee deve essere un mago», mi sussurra una signora, «da malattie serie, come l'anoressia o il cancro, e gli esperti hanno portato esempi di grandi benefici attraverso la terapia del buonumore. Che può essere di diversi tipi. C'è per esempio la clown-terapia, che non è affatto una «pagliacciata», bensì una cosa molto seria.
«I miei assistenti si vestono e muovono come clown per cercare di sbloccare i pazienti che soffrono di paure e si sentono derisi da tutti al punto da presentare seri disturbi di comportamento, diventando rigidi come burattini», spiega il dottor Michael Titze, analista in Germania e docente a Zurigo. «Insegnano loro a non prendersi troppo sul serio, a farsi beffe degli altri sfruttando il lato comico della loro nevrosi. E nello stesso tempo i clown si pongono anche come antagonisti del malato spronandolo a vedere il clown nelle persone che lo terrorizzano. Per esempio se una donna e oppressa da un marito frustrante e autoritario si ricreano delle situazioni, come in una commedia, in cui il marito viene interpretato da un terapista vestito da pagliaccio che sgrida e insulta la paziente con le stesse parole che usa il vero marito. All'inizio lei ne rimarrà spaventata, poi con l'aiuto di un altro clown, amico, che le dà coraggio ripetendole: «Ma non vedi che è solo un pagliaccio? Fagli le boccacce, prendilo in giro, ridigli in faccia», la donna a poco a poco acquisterà sicurezza. Una volta ho organizzato un'intera classe di pagliacci per n professore che aveva paura dei suoi allievi. Adesso ogni volta che entra in aula quel docente, per un riflesso condizionato, immagina di vedere tanti giovani buffi con un gran naso rosso posticcio, cosi come la donna quando vede il marito se o immagina con un pigiamone da pagliaccio. Così si sentono entrambi più tranquilli perché hanno messo fra loro e i problemi la solida barriera della comicità».
Ci sono poi i deliziosi e umanissimi clown del dottore olandese André Poulie che ha creato l'associazione Theodora diffusa in tutto il mondo. I coloratissimi pagliacci vanno negli ospedali a mettere di buonumore i bambini, giocano con loro, ridono e scherzano. «E i piccoli pazienti», assicurano molti medici,«traggono grande giovamento da queste visite, combattono meglio la malattia».
«Talvolta ci troviamo di fronte a casi molto gravi, che stringono il cuore e non è facile improvvisare delle gag», dice una componente del gruppo. «Ma i bambini ci accolgono con tanta gioia che ricacciamo indietro 1a pena e ce la mettiamo tutta».
L'associazione Theodora prende il nome dalla madre di Poulie, morta di cancro. «Eppure fino al l'ultimo ha regalato a noi figli sorrisi e risate», ricorda questo giovanotto ne dal viso aperto. «Per questo ho voluto dedicarla la mia organizzazione: un gruppo di persone che aiuta a stare allegri anche nei casi più drammatici che rende l'ospedale un luogo amico e familiare».
Scorrono i racconti, le testimonianze. Una giovane donna assicura che grazie alla terapia dell'umorismo, è riuscita combattere l'anoressia. È certo, a vedere il dottor McGhee che per visualizzare lo stress al quale siamo sottoposti ogni giorno si mette tre seggiole al collo (possibile che non abbia problemi alla cervice le?), a vedere il dottor Titze con la sua assistente con il rosso naso a patata del clown, o il bel volto sempre sorridente della dottoressa Erika Kunz viene voglia, se mai dovesse capitarci qualche malanno, di essere curati di loro più che da certi medici tradizionali. Cari simpatici dottori che, pur di perorare la loro causa della terapia del buonumore, accettano di farsi fotografare per Oggi mentre, poco e todossamente, ridono crepapelle. Chissà con storceranno il naso i loro colleghi ... Però meno male che esistono anche McGhee, i Titze e i Poulie.
Ma come si fa a diventare così? A sorridere e ridere del mondo? Ed ecco ci arrivati ai consiglio come trovare e valorizzare il nostro senso dell'umorismo.
«Innanzi tutto», spiega il dottor McGhee, «dovete recuperare il bambino che e nascosto in un angolo del vostro cuore, il gusto del gioco che avete soffocato diventando adulti. Potete aiutarvi in questa ricerca in diversi modi. Per esempio osservando il comportamento dei bambini e giocando con loro, leggendo libri divertenti, andando a vedere film umoristici o cartoni animati per riscoprire il piacere del mondo dell'infanzia, attaccando alla parete della vostra camera una grande fotografia che vi ritragga in una situazione comica e vi induca a prendervi un po' in giro. Saper ridere di se stessi è importante: significa mantenere le distanze, quando e necessario, dai problemi che ci angustiano. Ricordate che il senso dell'umorismo e un formidabile aiuto per la sopravvivenza nel mondo odierno: la migliore arma contro lo stress e tutte le malattie psicosomatiche a esso collegate: dal mal di testa al mal di schiena, all'ulcera.
«Inoltre», continua il nostro esperto, «circondatevi di gente allegra e positiva, che rida spesso e con la quale si sviluppi meglio il vostro umorismo. Ma attenzione: non tutte le risate sono benefiche. Quelle che provengono dal cervello sono artefatte e negative. La grande risata, sonora e liberatoria, che fa bene al corpo e all'anima, parte dallo stomaco e coinvolge tutto il corpo: equivale a un potente farmaco antidepressivo.
«Ma soprattutto vogliate bene a voi stessi: compilate un elenco delle cose che vi piacciono di più e concedetevene almeno tre al giorno. Imparate a raccontare barzellette provandone la mimica, come gli attori, davanti allo specchio. Fate inoltre esercizi strani e buffi tipo parlare con la lingua in mezzo ai denti o con dell'acqua in bocca. Insomma, siate un po' attori nella vita e prendetela come un gioco. Ricordatevi che non e mai troppo tardi per vivere un'infanzia felice. Sforzatevi di ridere più sovente, poi diventerà un' attitudine naturale. Come già diceva il grande filosofo Bertrand Russel: «La risata è una medicina universale».
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